Qualunque direzione prenda la sua carriera negli anni a venire, sono pochi gli attori nati a metà degli Anni 90 che possono vantare esordi come quelli di Tye Sheridan. Il ragazzo texano, oggi 17enne, è spuntato dal nulla dopo aver passato le rigide selezioni di The tree of life, in cui è finito a interpretare il ruolo del figlio (minore) di Brad Pitt. Dopo un debutto così altisonante, nei due anni successivi ha interpretato il ruolo di vero protagonista per altri due tra i più acclamati registi del cinema indipendente americano. Il secondo l’abbiamo visto a Venezia, è lo strepitoso Joe di David Gordon Green con Nicolas Cage. Il primo, presentato a Cannes nel 2012 e uscito negli Usa la primavera successiva, è proprio Mud, firmato da Jeff Nichols dopo l’enorme successo di critica di Take shelter. Curiosamente, però, Sheridan non è l’unico elemento in comune tra i due titoli: Joe e Mud sembrano quasi due varianti dello stesso canovaccio (l’amicizia tra un ragazzino, Sheridan appunto, e un “fuorilegge”) e giocano in modo simile con l’immaginario del Sud (il Texas in Joe e l’Arkansas in Mud), dipinto come un paesaggio trascurato, squallido, violento e “sporco”, e finendo per risultare un inaspettato e irripetibile duetto. Il confronto, aiutato da quello più mediatico tra le “star” (due attori in stato di grazia, nonché bisognosi di una redenzione agli occhi della critica) è fin troppo facile, quasi evidente per chi abbia visto i due film, ma rischia di sminuire il valore di entrambi: perché sia Joe che Mud sono i formidabili eredi di un film come Winter’s Bone, affreschi di un’America ai margini e alla ricerca di una salvezza.
E il film di Nichols, a dire il vero, ha un vantaggio competitivo: è arrivato primo. Dopo essersi addentrato con Take Shelter in un territorio insolito ed eccitante che stava tra la disgregazione psicanalitica e il fantastico-apocalittico, il regista affronta la storia di “Mud”, delinquente romantico auto-esiliatosi su una piccola isola, con un piglio meno oscuro e inquietante e con un andamento decisamente più classico (lasciando anche un po’ di respiro, ma chiamiamola pure speranza, agli spettatori), affidandosi sì all’interpretazione del “solito”, sbalorditivo Matthew McConaughey (andrebbe scritto un trattato a parte su come sia diventato uno dei migliori in circolazione nell’arco di un pugno di film) ma accogliendo il punto di vista del giovane Ellis come unica prospettiva sul mondo e sui personaggi che lo popolano. Questa non è tanto la storia di un criminale che vuole fuggire con la donna che ama (citiamola: è una bravissima Reese Witherspoon) con l’aiuto di un ragazzino, quanto prima di tutto quella di un adolescente abbandonato a metà strada tra l’infanzia e l’età adulta che vede il suo piccolo universo crollare intorno a sé (letteralmente, e qui la metafora “politica” è ancora più marcata) e si aggrappa all’amicizia con un uomo che sostituisce (anche qui, come in Joe) l’assenza marcata di una figura paterna (tema centrale in un film disseminato di padri, figli, patrigni e figliastri) alla ricerca dell’ultimo miraggio della sua innocenza: qualcuno che gli dica la verità. Quella di Sheridan, che è ancora un emergente, non è una prova da poco, ma le scene più struggenti del film sono tutte sue, ed già più che la promessa di un attore. Dopotutto, con quella faccia, non poteva fare altro.
“Mud” non è uscito in sala in Italia e non ha una data d’uscita prevista. Il blu-ray Uk è già disponibile a una decina di sterline.