Il ragazzo con la bicicletta (Le gamin au vélo)
di Jean-Luc e Pierre Dardenne, 2011
Quando senti arrivare le note di una melodia, ad accompagnare le immagini del film, seppure per pochi secondi, pensi che questo non sarà il solito film dei Dardenne. In verità i due registi belgi con questo film proseguono impassibili la loro missione narrativa e morale, ma trovano nell’incontro improvviso tra Samantha e il dodicenne Cecyl una sorta di scintilla di umanità in un mondo crudele e folle e scelgono di raccontarla con le fattezze di una fiaba contemporanea; una dolcezza inattesa che diventa necessaria al di là della loro stessa volontà, intorno alla quale si chiude però la morsa di un mondo crudele in cui tutte le figure paterne (il padre di Cecyl, il fidanzato di Samantha, lo spacciatore, l’edicolante) rappresentano l’incapacità di assumere rischi e responsabilità, fino all’autentica abiezione; e anche se i Dardenne decidono di lasciare un po’ di luce – anche da un punto di vista prettamente visivo – questa non smussa gli spigoli appuntiti e arrugginiti del mondo, né smentisce la condanna dolorosa che sta a monte: stiamo assistendo a un mondo collassato sul suo stesso egoismo, questa è l’ultima speranza oppure l’ultimo respiro? Il ragazzo con la bicicletta è un emozionante, a tratti straziante romanzo di formazione, tenero e crudele, che conferma la vitalità e la caratura morale di due tra i migliori registi europei in attività, tornati qui – con un pizzico di evoluzione, all’interno di un’incrollabile coerenza – al massimo della loro forma. Un piccolo grande capolavoro.