Controcampi

el pube è un pilota di mezza stagione / guida non esaustiva alle nuove serie tv (febbraio/aprile 2012)

Le mezze stagioni esistono eccome, e sono una brutta bestia. Ma qualcuno deve pur domarle. Diamo un’occhiata ad alcune delle nuove serie tv iniziate negli ultimi tre mesetti.

Ma prima, un breve ripasso: che ne è stato di quelle iniziate in autunno, tra lo scorso settembre e lo scorso novembre? Le cose sono andate bene per le comedy, soprattutto quelle iniziate con un mezzo passo falso. Parlo dell’irresistibile New Girl, della divertentissima Suburgatory e della puccissima Up All Night: tre serie che hanno capito come si aggiusta il tiro. Al contrario, 2 Broke Girls sembra essersi un po’ incartata su se stessa dopo una promettente prima metà di stagione, si continua a seguire ma senza la pretesa di difenderla a tutti i costi. Ho invece personalmente abbandonato molti nuovi drama – Person of Interest, Once Upon a Time – per intervenuto disinteresse, mentre mi auguro che Alcatraz possa continuare la sua corsa. Le maggiori soddisfazioni sono arrivate dalle vecchie conoscenze: la quinta di Mad Men è meravigliosa e non ha nulla da invidiare alle precedenti, la quarta di Fringe (confermato da poco per una quinta e ultima) sta tirando fuori le unghie in extremis in modo sconvolgente, e poi ovviamente c’è Game of Thrones. Nota di merito per la terza stagione di Justified, davvero notevole, e per Eastbound & Down che ha terminato la sua corsa con un series finale da applausi.

Ci tengo a fare una piccola nota per una sitcom arrivata da poco alla fine della seconda stagione, meno vista di altre (da quel che ho potuto verificare IRL) e che io stesso ho scoperto qualche mese fa, in colpevole ritardo: si tratta di Happy Endings ed è diventata nel giro di poco tempo la mia terza comedy preferita attualmente in onda dopo due giganti ormai insuperabili come Community e Parks and Recreation. Ve la consiglio caldamente.

E ora, la roba nuova. Per semplicità, in ordine cronologico di trasmissione. Read More →

appendice al pube / guida non esaustiva alle nuove serie tv (ottobre/novembre 2011)

Dove eravamo rimasti? Ah, sì. Un mese fa vi ho raccontato i pilot di un po’ di nuove serie tv di settembre. Adesso possiamo terminare l’infornata autunnale con quelle iniziate tra ottobre e l’inizio di novembre – alcune delle quali sono cominciate da settimane, permettendoci di giudicarle non soltanto dall’episodio di apertura.

Homeland (Showtime) è, molto brevemente, la migliore nuova serie della stagione. La protagonista è un’agente della CIA convinta che il Sergente Brody, ritrovato in un buco in Iraq dopo otto anni di prigionia, sia stato convertito e sia diventato un terrorista. Dal canto suo, Brody deve affrontare il ritorno in famiglia: i figli non l’hanno quasi conosciuto, la moglie si stava rifacendo una vita – e con il suo migliore amico. La serie riempie in qualche modo il vuoto lasciato dalla compianta Rubicon, ma riesce a sorpassarla giocando in modo perverso con i punti di vista dei suoi personaggi: dopo 6 episodi non ha conosciuto un momento di stanca, e c’è già una seconda stagione all’orizzonte. Claire Danes è incredibile, il resto del cast non sta certo a guardare. Recuperatela subito.

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el pube è un pilota / guida non esaustiva alle nuove serie tv (settembre 2011)

Vi ricordate quando facevo quei post lunghissimi e faticosi sulle serie tv? Ecco, questo è uno di quei post. Si era capito. Ero quasi convinto a non farlo più, perché tanto ci sono gli amici di Serialmente che fanno tutto il lavoro sporco, ma le vostre continue insistenze (è tutto vero) mi hanno fatto cambiare idea. Siete così carini! Inutile che vi dica come funziona, queste sono opinioni campate per aria sulla sola base del primo episodio di queste nuove serie, quindi non hanno nulla di serio o ponderato. Andiamo a cominciare.

Nel panorama delle comedy, dove sopravvivono alcuni pilastri tra cui quel capolavoro di Community (arrivato per miracolo alla terza stagione, nonostante l’enorme fanbase), la sempre più meravigliosa Parks and Recreation e una serie evergreen ma sempre adorabile come How I Met Your Mother, ci sono alcune novità da tenere d’occhio. La premessa essenziale è che io con questo tipo di serie sono permissivo: in fondo occupano “solo” 20 minuti del mio tempo, quindi permetto loro di essere “solo” divertenti. E questo è il motivo per cui le seguo quasi tutte, se non fanno vomitare.

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appendice al pube: le altre serie tv dell’autunno

[el pube è un pilota / fall 2010 edition: un'appendice]
[piccola guida non esaustiva alle serie tv che non ci stavano dall'altra parte]

A un mese dall’ultimo episodio, tappiamo i buchi.

Quest’anno The Walking Dead (AMC) era il Messia degli appassionati di serie tv. Non solo per le firme coinvolte (il regista Frank Darabont) e non solo perché è tratto da una storia a fumetti dalla straordinaria fama, ma perché questa serie per AMC è la quadratura del cerchio. Dopo tre drama come Mad Men, Breaking Bad Rubicon, la rete è diventata per molti la beniamina assoluta nonché il contenitore della migliore televisione possibile – ruolo che fino a poco tempo fa era occupato indiscutibilmente da HBO. Mancava solo l’approccio al genere, e così sono arrivati gli zombi: inutile dire che, pilot alla mano, la missione è compiuta. Forse è un po’ presto per decidere se The Walking Dead sia la nuova serie americana più bella della stagione, ma come già Boardwalk Empire (by the way: che roba grossa, un episodio più bello dell’altro) anche lei punta a giocare in un campionato tutto suo. Insomma, vedremo come procede, ma le premesse sono ben più che ottime.

Nota: a quanto pare, Fox Italia ha mandato in onda una versione del pilot più corta di una ventina di minuti. Io ve l’ho detto.

Il biglietto da visita di Downton Abbey (ITV), dalla distanza, non era dei più eccitanti: un period drama ambientato in una villa della provincia inglese negli anni ’10 e trasmesso da ITV con grande dispendio di mezzi non suona come il massimo della vita, me ne rendo conto, per chi è abituato a True Blood e Community. Ma lo dico per voi: fate uno sforzo di volontà e recuperatelo. Se volete una ragione: è scritto da Julian Fellowes, sceneggiatore premio Oscar per Gosford Park. Se ne volete una più concreta: è davvero una delle più belle sorprese dell’anno, con una flotta di personaggi e interpreti immediatamente irresistibili e una scrittura e una messa in scena ineccepibili. E c’è Maggie Smith che fa la vecchia arguta. Imperdibile. Peccato che siano solo sette episodi: l’ultimo dei quali va in onda il 7 novembre. Ma nel 2011 arriva la seconda stagione.

Quando ho cominciato a vedere Single Father (BBC One) ho pensato: chi potrebbe interpretare in Italia il ruolo di David Tennant? Forse Emilio Solfrizzi, o Fabio Insinna? Sì, perché questa miniserie della BBC ambientata a Glasgow, il cui protagonista è un fotografo con quattro figli (e mezza) che perde improvvisamente la compagna in un incidente stradale, è un prodotto che non sfigurerebbe nel palinsesto di Raiuno: la differenza è che questa è scritta, girata e soprattutto interpretata con una cura che ci sogniamo. Ma è più probabilmente una questione di alchimie: non so come abbiano fatto, ma dei quattro episodi che la compongono il primo e l’ultimo si passano a piangere come agnellini – e alla fine, nel giro di sole quattro ore, ci si è affezionati ai personaggi con un’intensità che molte serie impiegano intere stagioni a ottenere. Davvero bello. Certo, potrebbe non essere la vostra fetta di torta – oppure potrebbe farvi piangere come agnellini. Per chiunque segua Doctor Who tutto questo è fiato sprecato: vi ho già convinti quando ho detto “David Tennant”.

Qualcuno guarda Lost Girl (Showcase)? Sono l’unico? Fatemi compagnia. Non seguo in modo attento la tv canadese, e ho iniziato a vedere questa serie – la cui protagonista è una tizia di nome Bo che scopre di essere una succuba (!) e anche che una pletora di esseri mitologici di diverse culture vivono effettivamente in mezzo a noi (!) – immaginando fosse un altro guilty pleasure da aggiungere alla lista ed eventualmente da lasciare a metà strada. E invece questa specie di via di mezzo tra Buffy, True Blood e un sacco di altre cose, con un 80% di trama verticale e un residuo orizzontale su Bo che cerca di scoprire il mistero delle sue origini, è un gran spasso: è scritta in modo divertito e divertente, si concede libertà che i network americani (non via cavo) generalmente eviterebbero, e possiede uno spirito di libertà cazzona e anarcoide davvero rinfrescante. Il più grande ostacolo da principio è il cast: l’attrice protagonista Anna Silk non è il massimo della simpatia (e assomiglia troppo a Mary Louise-Parker) e nemmeno a Kristen “Chris Martin” Holden-Reid offriresti una cena. La migliore della compagnia è Ksenia Solo, anche se è un po’ impallata sul ruolo di spalla comica e sul look da darkettona con la frangia. Ma fa lo stesso: dopo tre o quattro episodi non se ne può più fare a meno.

Me me n’ero dimenticato l’altra volta, e credo di essere l’unico o quasi ad averla vista qui in Italia. Ed è un peccato. La serie creata e interpretata dal bravissimo Tom Hollander si intitola Rev. (BBC Two), punto incluso, e il protagonista è il parroco onesto e simpatico di una piccola diocesi anglicana alla periferia di Londra che si deve confrontare con gli aspetti più burocratici, politici ed economici della sua professione, con i fedeli che scarseggiano, con l’arrivismo dei “colleghi” e dei “superiori”, con la competizione delle altre confessioni, e ovviamente con la sua vita privata e famigliare. Divertentissimo e molto intelligente. Sei episodi da mezz’ora andati in onda dalla fine di giugno all’inizio di agosto: ci vuole poco, ma ne vale la pena.

Il personaggio che dà il nome a The Increasingly Poor Decisions of Todd Margaret (IFC) è americano, ma la serie è britannica al 100%: sei episodi il cui ultimo va in onda proprio oggi 5 novembre. Todd Margaret (intepretato da David Cross) è un precario imbranato che lavora in una multinazionale americana e che, per un errore dovuto alla stupidità del suo nuovo capo (ovvero Will Arnett: curiosamente i due recitano insieme anche in un’altra nuova serie di quest’anno, Running Wilde), viene spedito a Londra a dirigere l’ufficio inglese senza avere la minima competenza. Andrà tutto nel peggiore dei modi fin da subito. Normale che la comicità sia basata su reazioni a catena che travolgono la vita del povero Margaret, vittima della propria inettitudine, ma almeno nei primi due episodi la sensazione di fastidio e imbarazzo supera di gran lunga il divertimento. Non è certo da buttare, Cross è bravo e il suo stile si adatta bene all’umorismo british, ma non so se recupererò gli altri quattro.

el pube è un pilota: guida alle nuove serie tv (fall 2010)

[el pube è un pilota / fall 2010 edition]
[piccola guida
non esaustiva alle nuove serie tv]

La lunga estate è finita: Lost ha finito la sua corsa, il resto del tempo è stato speso a elaborare il lutto rivalutando e innamorandomi perdutamente di due cose straordinarie come Breaking Bad e Fringe, le cui ultime stagioni recuperate tardivamente (rispettivamente la terza e la seconda) sono state esperienze sinceramente travolgenti, e continuando ad amare senza reticenze due serie come True Blood e Mad Men, quest’ultima divenuta ormai talmente sublime da sfiorare l’assurdo. Ma ora è tempo di guardare avanti: ecco un piccolo riassunto dei pilot delle nuove serie tv* che mi sono puppato per spirito di sacrificio.

Tra tutte le moltissime serie iniziate durante il mese di settembre, Boardwalk Empire (HBO) era probabilmente la più attesa: produzione ricchissima a cura di Martin Scorsese e Mark Wahlberg, cast d’eccezione con Steve Buscemi e Michael Pitt in prima fila, ambientazione favolosa ai tempi del proibizionismo, set stupendi, scene di massa, la libertà data dal cavo. Il pilot, diretto dal Gran Maestro in persona, non ha deluso le aspettative: un vero e proprio (bellissimo) film di un’ora e dieci, scorsesiano in tutto e per tutto, una vera manna per qualunque fan del regista in vena di una caccia al marchio di fabbrica, tra iridi e fermo immagine e via dicendo. Gli episodi successivi, a dire il vero, per ora vivono all’ombra di quella prima esplosione, ma la serie tiene comunque botta: in giro c’è magra, questa roba è oro che cola sugli occhi. Facciamocelo durare. Kelly Macdonald for teh win.

In verità Rubicon (AMC) sta arrivando proprio in questo periodo alla fine della sua prima stagione: ma la terza produzione originale della rete che ha proposto due tra i drama più belli del decennio (ovvero Mad Men e Breaking Bad) e che si prepara al botto annunciato di The walking dead si difende con i denti nel ruolo un po’ reietto di “cugina minore”. Ci mette parecchio a crescere: dopo tre o quattro episodi la tentazione di farla finita è fortissima. Ma sarebbe un errore, e lo dico a chi ha mollato il colpo: tornate sui vostri passi. Giocata su una costruzione della tensione d’altri tempi che non ha nulla a che fare con la televisione di oggi, nemmeno con quella più raffinata, Rubicon è uno dei progetti più adulti della televisione americana e, come tale, richiede pazienza. Diamogliela. Sono sicuro che, come già i suoi “cugini maggiori”, crescerà sempre di più.

Negli ultimi anni sono molte le serie comedy a cui ci siamo affezionati irrimedialmente (30 Rock, Community, Glee, Modern Family, per fare solo alcuni dei nomi più altisonanti) ma il panorama dei nuovi titoli, come si può vedere, è abbastanza sconfortante. Su tutti spicca Raising Hope (Fox), serie creata dal Greg Garcia dell’amatissimo My Name is Earl, che torna a raccontare una piccola epoea white trash – quella di Jimmy, un ragazzo spiantato e non troppo intelligente che mette incinta una serial killer prima dell’esecuzione e che si trova una bimba a carico. Deliziosamente scorretto ma anche estremamente zuccheroso: non per tutti quindi, ma la qualità di scrittura e i production values sono evidentemente sopra la media. Ottimo il cast, in primis Martha Plimpton – ma c’è anche la grandissima Cloris Leachman nel ruolo della nonna suonata. Ho l’impressione di non avervi convinti.

Ha senso parlare di una serie che hanno già trombato? In questo caso sì, perché Lone Star (Fox), il cui protagonista era un truffatore bigamo, aveva tutte le carte per diventare il gioiello incontrastato della stagione. Una vera scommessa, quella del canale: trasmettere una serie “da cavo” su un network come Fox, con il quale sembrava aver poco da spartire. Purtroppo, gli ascolti disastrosi hanno massacrato le speranze di sopravvivenza, e la nota tendenza della rete ad abbassare la mannaia senza il coraggio di puntare sul lungo periodo ha fatto il resto: dopo due episodi, Lone Star non esiste più, e come fa notare Rei su Serialmente questo è anche un bruttissimo segno. Il mio consiglio sarebbe di recuperare comunque i due episodi, perché sono bellissimi – ma averli visti e sapere che è tutto lì è frustrante. Regolatevi voi.

Come spesso accade, una delle serie migliori della stagione non è americana ma britannica, e così rischia di passare inosservata. Anche perché il format crea confusione: Sherlock (BBC) è composto da tre “lungometraggi” invece dei soliti sei episodi, di cui almeno due (il primo e il terzo) sono dei pezzi di televisione della madonna che la maggior parte dei network americani si sogna. I nomi coinvolti non lasciavano troppi dubbi: lo Steven Moffat di Doctor Who, il Mark Gatiss di League of Gentlemen, Martin Freeman nel ruolo di Watson e il sorprendente Benedict Cumberbatch nel ruolo di Sherlock Holmes. Una figata senza pari, che tra l’altro con acuto sadismo lascia il pubblico con la bava alla bocca per la seconda stagione.

Rimaniamo temporaneamente nel Regno Unito, dove si conclude proprio in questi giorni la prima stagione di Him & Her (BBC Three), una sit-com ambientata interamente in un bilocale abitato da due twentysomethings, ma non per questa priva di una sua grazia. Tag: sesso, più parlato che esibito. Una serie assolutamente impensabile in un paese come il nostro però, e difficile da immaginare anche negli states, non tanto per la “volgarità” tra virgolette ma per l’idea di andare a sollevare il velo di pudore che nasconde i riti quotidiani di una giovane coppia, tra il letto e il water, tra le coccole e le caccole. Di contorno, dialoghi divertentissimi e una stupenda coppia di protagonisti: Russell Tovey e Sarah Solemani. In giro se ne parla poco, ma merita.

Adesso che è finito Lost, ve ne sarete accorti, sono tutti a caccia del “nuovo Lost“. Posto che sia possibile o che ce ne sia bisogno senza avere il tempo di tirare il fiato, The Event (NBC) sembra essersi addossato la responsabilità senza che nessuno glielo abbia chiesto. Della serie si parla già maluccio un po’ dappertutto, ma la verità è che il pilot è godibile e il secondo episodio è persino migliore – anche perché smette di menare il can per l’aia e mette bene in chiaro da subito quali sono gli argomenti in campo, invitando chiaramente gli spettatori a indossare un bel giubbotto di sospensione dell’incredulità. Gradisco. Reggerà il colpo ancora per qualche episodio o farà la fine ingloriosa di Flashforward? Per ora ha la nostra attenzione, ma occhi ai passi falsi.

L’altra serie di cui si puntava molto già mesi prima del primo episodio (o dei leak, a seconda) è No Ordinary Family (ABC), che dalle informazioni sembrava avvicinarsi molto a Heroes mescolato con I fantastici quattro. In realtà l’esperimento del pilot è quello di applicare la formula stravincente di Modern Family al modello della serie di supereroi, cercando di evitare i casini combinati da Heroes puntando su un format che ricorda da vicino Gli Incredibili della Pixar. Una serie così derivativa non poteva suscitare troppe simpatie: il coro dice già visto, già fatto, piantatela. Però onestamente il pilot (l’unico episodio che ho visto) è molto spassoso: se non fa l’errore di prendersi troppo sul serio, ci sarà da divertirsi. Sennò ciccia.

Non per niente The Big C (Showtime) è diventata vittima insieme alle precedenti Weeds e Nurse Jackie di un innocuo skit del SNL: la rete che la ospita sembra fare le serie con lo stampino, a volte. Il fatto è che le fa proprio bene: anche questa, in cui la protagonista scopre di avere un cancro incurabile e ribattezzata da qualche parte “Breaking Bad without the meth and the awesomeness”, è un prodotto di tutto rispetto, con una sceneggiatura validissima e ottimi interpreti, soprattutto Laura Linney. Dopo qualche episodio però la serie comincia ad avere il fiato corto: personalmente l’ho abbandonata, e di solito non è un buon segno.

Ognuno ha i suoi guilty pleausure televisivi in ogni stagione: c’è chi guarda Pretty Little Liars (che io ho lasciato dopo il pilot), io invece ho Hellcats (The CW), serie incentrata su una studentessa di legge interpretata dal biondo faccione ricciolone di Aly Michalka che per sostenere gli studi è costretta a fare la cheerleader e a dividere la stanza con Ashley Tisdale. Ovviamente è una ginnasta con i controcazzi e farà un culo così a tutte le altre, e ovviamente scoprirà che è uno sport vero e durissimo dove si può MORIRE tipo. E c’è spazio per l’amore! E c’è spazio per l’amicizia! E c’è spazio per un numero impressionante di coreografie e/o balletti su una delle peggiori colonne sonore di sempre. Veramente brutto, assolutamente irresistibile.

[EDIT] Il fatto che mi sia dimenticato di Running Wilde (Fox) nella prima stesura del post la dice lunga sul mio gradimento della serie con Will Arnett e “la tipa di Felicity“, sulla quale per ora ho deciso di sospendere il giudizio – probabilmente perché non sarebbe troppo entusiasta. Il pilot è gradevole e divertente anche se un po’ moscetto considerati i talenti coinvolti (c’è Peter Serafinowicz, perdio!), il secondo episodio ha azzerato la mia voglia di continuare. Vado avanti giusto perché Will Arnett è Will Arnett e perché sto aspettando che prima o poi cominci a diventare veramente divertente.

Passiamo infine ai punti dolenti: le serie tv con cui ho deciso di chiudere dopo il pilot, o parte di esso, per le ragioni più svariate. La prima è Undercovers (NBC), nuova creatura (nientemeno!) di J.J. Abrams, modellata su film come True Lies e Mr and Mrs Smith ma senza più nulla da dire sull’argomento se non “ehi hai visto sono dicolore”. L’unico punto di forza è Gugu Mbatha-Raw, bellissima attrice inglese già vista in Doctor Who di cui non riusciremo mai a imparare il nome e che quindi chiameremo semplicemente “Gugu” o “quella figa stratosferica di Gugu”. Il resto è più o meno da buttare. Delusione anche per Big Lake (Comedy Central) che non fa ridere manco per sbaglio nonostante la produzione di Adam McKay e Will Ferrell e per Outsourced (NBC) che nonostante le promesse (e qualche risata) si è rivelato una cosetta poco lol e pure un pochetto razzista. Terriers (FX) è invece un titolo interessante e ben realizzato, ecco: l’unico problema è che dopo il pilot non avevo alcuna intenzione di proseguire, forse è un problema mio. Non è il caso invece di Nikita (The CW) che invece fa schifo al cazzo e credo non ci sia altro da aggiungere. Di Chase (NBC) e Hawaii Five-0 (CBS) ho visto dieci minuti a testa: quanto basta per capire che non parliamo nemmeno la stessa lingua. Invece The Defenders (CBS) non è male, se vi piacciono i drama processuali: per capirci, a me fanno schifo (motivo per cui ho abbandonato a metà il pilot di The Whole Truth (ABC), nonostante fosse interessante e ci fosse Rob Morrow.

In realtà nessuna nuova serie autunnale è all’altezza della vera perla dell’estate 2010: iniziata a fine giugno e terminata all’inizio di settembre, Louie (FX) (che ho ribattezzato “la migliore serie tv che nessuno sta guardando”) è scritta, diretta e interpretata dallo stand up comedian Louis C.K. (di cui vi obbligo a vedere Hilarious) ed è un autentico gioiello televisivo con picchi di genio assoluto, una delle cose più belle e divertenti che vi possano capitare in questi mesi davanti agli occhi. La prima stagione è composta di 13 episodi, recuperatela a ogni costo, intendo ora.

*questo post ovviamente non include serie già iniziate prima dell’estate

El pube è un pilota: guida non esaustiva alle nuove serie tv, gleek edition

[el pube è un pilota / gleek edition]

(puntuale come un herpes o una cistite, ecco la mia inutile e per nulla esaustiva guida alle nuove, e sottolineo nuove, serie tv anglofone, in questa edizione esclusivamente mmerigane – o meglio, più precisamente, ai pilot che mi sono sbattuto a vedere. bando alle ciance, che è una roba lunga: andiamo a cominciare.)

L’avevo già capito quando era spuntato il pilot in anteprima qualche mese fa, ho aspettato con ansia crescente il ritorno della serie e ho visto confermata la mia prima impressione: ambientata nel “glee club” di un liceo americano, Glee è in assoluto la mia nuova serie preferita della stagione. Creata dal Ryan Murphy di Nip/Tuck e Popular, ha personaggi e intepreti assolutamente irresistibili, una selezione musicale trascinante (god bless Journey), Jane Lynch, risate e lacrime. Una bomba d’ammore.

Invece Flashforward della ABC è probabilmente la serie più pompata dell’anno, sia negli states che da noi (dove è iniziata quasi in contemporanea), ma non per questo meno interessante. Lanciata ovunque come “il nuovo Lost“, al di là delle similarità (in primis la presenza del viaggio nel tempo, anche se qui l’affare è un po’ diverso) è effettivamente una cosa che può esistere solo nel dopo-Lost: costosa, ambiziosissima e davvero spettacolare, ci tempesterà di dubbi per molto tempo, e noi siamo lieti di farci tempestare.

Non so chi di voi abbia mai visto The Soup, ma chi (come me) ne è dipendente è andato in sollucchero quando ha saputo che Joel McHale avrebbe fatto una serie comedy per la NBC. Ambientata in un community college dove il protagonista, un avvocato sbruffone e cazzaro, è costretto a iscriversi perché, ops, hanno scoperto che la sua laurea non era valida. La serie si chiama Community, si è aperta con un episodio spiccatamente ispirato a The breakfast club, e per ora tiene botta in modo eccellente – deriva pucci compresa, se siete del partito. McHale è stupendo, ma il meglio lo danno i personaggi secondari: Chevy Chase sapete tutti chi è, John Oliver viene dal Daily Show, Alison Brie da Mad men, e poi c’è Danny Pudi (Abed) che mi fa semplicemente schiantare. Gillian Jacobs è la Kaley Cuoco del 2009.

Impossibile non citare tra le cose migliori della stagione Hung, anche se la prima stagione è già finita, dopo soli dieci episodi. Da principio la premessa sembra cugina di quella di Glee (anche lui è un ex “jock” di una high school sposato con una ex cheerleader) ma lo svolgimento è del tutto diverso: divorzia, gli va a fuoco la casa, ha due figli obesi, e si rende conto che il suo unico talento è, scusate il giro di parole, avere un cazzone grande così. Una donna conosciuta in un pidocchioso corso per aspiranti milionari lo aiuterà diventando, letteralmente, il suo pappa. Questa è la HBO al suo meglio, non fatevelo scappare.

La HBO offre anche la serie fighetta per eccellenza dell’anno, Bored to death, scritta da Jonathan Ames con Jason Schwartzman nel ruolo di Ames stesso che, dopo essere stato mollato (perché beve troppo vino e si fa troppe canne) mette un annuncio su Craigslist diventando una specie di detective chandleriano. Senza dubbio una delle cose più curiose in circolazione, un prodotto di grande qualità e non meramente quirky, scritto e diretto in grande libertà. Non c’è molto altro da dire, perché dopo 5 minuti capirete l’andazzo, e se vi sta bene avrete di che divertirvi. Sennò lasciate stare. Io mi ci trovo bene.

Un’altra delle sorprese più piacevoli della stagione è Drop dead diva, scartato da Fox e ripreso da Lifetime, una specie di via di mezzo tra Il paradiso può attendere e Ally McBeal. Una modella bella ma vacua e un’avvocatessa intelligente ma sovrappeso e muoiono nello stesso istante, l’anima della prima si reincarna nel corpo della seconda, mantenendone però le capacità intellettuali. Dovrebbe essere lontano dai miei gusti (tolta la cornice soprannaturale, è un legal drama: sai che palle) e invece la guardo ogni settimana con un certo diletto. La protagonista Brooke Elliott è un volto nuovo ma è bravissima: uno di quei rari personaggi a cui ti affezioni. L’assistente è Margaret Cho, ci sono un sacco di guest star, ecco.

Talking about guilty pleasures: un altro è senza dubbio Accidentally on purpose, sit-com multiple-camera (l’unica nuova che sto seguendo, per intenderci, tra “quelle con le risate”) della CBS che parrebbe un rip-off paro paro di Knocked up, tanto più che lui è uguale a Seth Rogen magro, se non fosse per un dettaglio: lei è più vecchia di lui di una quattordicina d’anni o giù di lì. Roba da vergognarsi solo a pronunciarla, e invece per ora mi fa ridere da pazzi e continuo a seguirla. Ve l’ho detto che la protagonista è Jenna Elfman?

Cougar Town (ABC) è un’altra serie la cui protagonista è una cougar: senza alcun dubbio è il leit-movit della stagione televisiva. Questa però è un po’ più ricca, single-camera, con tutte le sue cosine a posto, e la protagonista è la stramaledetta Courtney Cox, uscita per grazia di dio da quello schifo innominabile che faceva l’altra volta. No, non Friends, quell’altro. Il creatore Bill Lawrence invece è il responsabile di due cosette come Spin city e Scrubs (da cui si è trascinato dietro la mitica Christa Miller), non è mica l’ultimo dei pirla: e infatti nonostante io abbia negato e negato, poi ci sono cascato. Con tutte le scarpe.

L’ultimo spin-off di Stargate, uno dei marchi più prolifici della fantascienza televisiva e non solo, si chiama Stargate Universe e dovrebbe rappresentare, se non ho capito male, una “scurizzazione” del franchise dopo la chiusura di Atlantis, forse sull’onda di BSG. Pur non essendo un conoscitore dello stargateverse, ho trovato il pilota di SU davvero bello, anche se non privo di cliché e qualche banalità. Quasi quasi gli sto dietro. Molto onore al protagonista Robert Carlyle: avere un attore vero alla guida non è cosa da poco.

Altro guilty pleasure, a suo modo, è Modern family, sit-com della ABC sulla falsariga di The Office e Parks and recreation su una incasinatissima famiglia: il padre/nonno si è risposato con una colombiana figa (Sofia Vergara, la più divertente della cumpa), e i suoi due figli sono una donna nevrotica con un marito che vuole fare a tutti i costi il “bro” con la prole da una parte, dall’altra un timido gay (Jesse Tyler Ferguson, già miglior elemento del cast del defunto The class) che ha deciso di adottare una bimba vietnamita col compagno. Negli USA sta piacendo moltissimo. Effettivamente è spassoso, quando si impegna.

Veniamo infine alle note dolenti: qualche serie che non ha superato la prova del pilota. The forgotten annega una bella idea (una squadra di volontari che risolve i casi di corpi non identificati: non scoprire chi è l’assassino ma chi era la vittima) in una noia mortale: povero Christian Slater, però che palle. Peggio però si può dire su Eastwick, orrido remake-sequel del film di George Miller con una larghissima Rebecca Romijn nel ruolo (guarda caso) di una cougar. Anche The middle è abbastanza inutile, io l’avevo recuperato solo per la presenza nel cast del Janitor di Scrubs, al momento farei fatica a dirvi di che diavolo parli. Di The good wife ho letto grandi cose: io ho retto 15 minuti. Ma il punto più basso tra le cose che ho visto, non azzardandomi io ad avvicinarmi a Melrose place o a qualunque medical drama, lo raggiungono The vampire diaries (abominevole raschiata sul fondo della moda dei vampiri) e The Beautiful Life TBL che grazie a un dio molto misericordioso è stata trombata dopo soli due episodi. Amen.

El pube è un pilota | nuove serie tv 2009 #1

[el pube è un pilota: 2009 edition #1]

Piccola guida alle nuove serie tv
Gennaio 2009 / Aprile 2009*

L’anno scorso c’era lo sciopero degli sceneggiatori. Quest’anno non ho più scuse. E nel corso dei mesi in molti mi avete chiesto di tornare a parlare di serie tv. Eccovi accontentati. Questo post è stato un po’ uno sbattimento, spero che ne sia valsa la pena. Se vi va, commentate e condividete.

*nota: va da sé che in questo post si parla solo di serie nuove e iniziate nel 2009

Non c’è gara, non ci sono cazzi: tra le serie iniziate quest’anno, non ce n’è una che regga il confronto con Dollhouse. La nuova creatura di Joss Whedon è partita con un pilota debolissimo che ha fatto preoccupare molti fan, e poi è cresciuta a dismisura, diventando in breve tempo la cosa più figa in circolazione, grazie una commistione Puramente Geniale di generi ed elementi, ovviamente strapiena di ammiccamenti geek. Eliza Dushku è una Dea. Solo 12 episodi, che si chiudono il prossimo 8 maggio: sbrigatevi.

L’altra grande sorpresa della primavera televisiva americana non è una serie, ma una miniserie: Harper’s Island è ambientata su un’isola durante la settimana che prelude a un matrimonio. Peccato che gli invitati cadranno come mosche: almeno un morto a puntata, promette la produzione. Sullo sfondo, un misterioso serial killer che ha colpito qualche anno prima. Il tutto raccontato come se fosse una soap-opera, ma con la gente che muore sbudellata o bruciata viva. Incredibile. Composta da 13 episodi, finisce a luglio.

Sono tre le nuove serie comedy che valgono la pena di essere seguite. Scelgo come favorita Party Down, che è stata creata da Rob Thomas ma che con Veronica Mars non ha molto a che fare, cast a parte: i cui protagonisti sono una compagnia di catering, ma in realtà, a parte l’improbabile boss, sono tutti attori o sceneggiatori falliti. Per intenderci, il tipo di comicità è figlia dei film prodotti da Judd Apatow: non a caso, tra  creatori e produttori c’è Paul Rudd. Fa ridere, è scritta da dio, c’è Jane Lynch, c’è Lizzy Caplan. Basta?

Bisognerebbe studiare il mio volto quando mi metto davanti a Better Off Ted. Non riesco a staccarmi il sorriso dalla faccia. In realtà, c’è poco da ridere: la serie è ambientata nel settore Ricerca e Sviluppo di una malefica multinazionale. Dei due protagonisti Ted e Veronica ci importa meno: la scena la rubano i due ricercatori Phil e Lem (Jonathan Slavin e Malcolm Barrett) e, soprattutto, una Portia De Rossi immensa, da standing ovation.

Attesissima e annunciata per mesi, Parks and recreation è per Amy Poehler quello che 30 rock è stato per la sua BFF Tina Fey. Qui non siamo a quei livelli, e la serie ci mette un po’ a ingranare: non giova troppo il fatto che lo stile sia preso paro paro da The Office, ma ci si diverte, e nemmeno poco. Comunque, Aziz Ansari vale da solo il prezzo del biglietto. All’inglese: 6 episodi da 20 minuti, e poi basta. Vedremo se regge.

Passata un po’ inosservata, Demons è la serie britannica più fica dell’anno, perfetta per gli orfani di Doctor Who (che tornerà a pieno regime nel 2010 sotto l’egida di Steven OMG Moffat). 6 episodi trasmessi tra gennaio e febbraio: il protagonista è il giovane Luke, ultimo discendente dei Van Helsing. Oh, sì. Rupert Galvin ha il volto del Philip Glenister di Life on mars ma l’accento americano, è un cacciatore di demoni, e gli farà da mentore. Ciliegina sulla torta: Zoe Tapper nel ruolo di Mina Harker. Ebbene sì, ho detto Mina Harker.

Difficile dire se seguirò The Unusuals (ABC) dopo i primi 3 episodi, ma vale la pena scriverne perché non passi come il solito procedurale. Non lo è. Prima di tutto, ci sono degli attori veri: Amber Tamblyn e Jeremy Renner, ma soprattutto Adam Goldberg e Harold Perrineau: irresistibili. Secondo, è scritta molto meglio della media. Terzo, per il ritmo forsennato. Infine, perché la butta sul ridere. Tipo NYPD, ma più cazzone.

La serie che tutti gli altri amano, e che hanno ragione di amare, ma che io ho temporaneamente accantonato dopo il pilota. Mea culpa. Si tratta di Eastbound and down (HBO), creata da Jody Hill e Danny McBride, con quest’ultimo come protagonista, nel ruolo di un ex campione di baseball cafone e parolacciaro, costretto a fare l’insegnante di ginnastica. Procuratevela, la amerete alla follia: io me la tengo lì per i momenti di magra.

Mi rendo conto che si tratta di una minchiata e che la prima battuta è uno che va a sbattere contro un palo, ma i primi due episodi di Kröd Mändoon and the Flaming Sword of Fire mi hanno fatto sganasciare. Non tanto per la rilettura parodistica del fantasy à la Xeena, davvero fuori tempo massimo, ma per i singoli elementi che la compongono. In primo luogo, il cast: India de Beaufort è fa-vo-lo-sa. E scommetto che se vi dico chi interpreta il super-cattivo, vi ci lancerete tutti senza troppi indugi.

Non per tirarmi indietro, ma Cupid è il tipico caso – ce n’è almeno uno a stagione – di pilota di cui mi innamoro ma che non mi spinge a continuare la serie. Per adesso sono bloccato lì. Comunque: lui è convinto di essere Cupido himself, in missione per conto degli Dei: deve formare 100 coppie. Lei è la psichiatra che lo tiene d’occhio, ed è Sarah Paulson (capito, orfani di Studio 60?). La serie più pucci del 2009, senza dubbio.

Qualche nota sulle altre serie iniziate da gennaio a oggi. Trust Me (nella foto), per capirci, è come Mad Men ambientato al giorno d’oggi. Ben scritto e rinforzato da un’ottima coppia di protagonisti (Tom Cavanagh e Eric “Will di Will & Grace” McCormack), ma rimane una scelta secondaria. Il fatto che nella prima stesura di questo post io abbia dimenticato Lie to me vi fa capire quanto mi interessi: ho visto il pilota, non era nemmeno male, ma poi ho abbandonato. Fatto male? Per chi si chieda dove sia finita invece United states of Tara, la creaturina di Diablo Cody, in questa lista: non c’è. Dopo 2 o 3 episodi mi sono reso conto che non me ne fragava niente.

Enorme delusione anche Castle: capita l’antifona, non ho nemmeno portato a termine il pilota, nonostante Nathan Fillion sia sempre un bel vedere. Stesso risultato con Being human: versione seriale di una bella miniserie inglese, sostanzialmente rovinata nel trasferimento. Abbandonato dopo il pilota invece Kings: versione pomposa, bizzarra e camp della storia biblica di Davide, una noia mortale. Dicono che migliori: non ho voglia di verificare. Infine, non ho ancora visto Southland e non ne ho nemmeno intenzione, ma se ne parla bene. Fate voi.

Infine, chiudiamo con Important things with Demetri Martin. Che non è una serie, è uno show di Comedy Central: Demetri era uno dei più bravi corrispondenti del Daily Show. Ma il suo spettacolo è la roba più indipendente, folle e geniale che ci sia in circolazione. Ogni settimana un tema ricorrente: ma è solo un presesto. Imperdibile. Scordatevi i sottotitoli: ma lo sforzo viene ben ripagato.

[controcampi]

Mad men | Wikipedia | Official site

[el pube è un pilota - il ritorno]

Dopo un’assenza durata mesi (e che si protrarrà per altrettanto, spero, nel futuro) torna la vostra amata rubrichetta sui nuovi episodi delle serie che preferite ma soprattutto sui piloti di quelle che preferirete. Andiamo a cominciare, c’è tanta roba.


Bionic woman, NBC
Brevemente: dopo un incidente, una barista con sorellina a carico viene parzialmente "ricostruita" con protesi bioniche.

Probabilmente a voi suonerà una scemata, proprio come suonò a me quando sentii la prima volta che avrebbero fatto il remake della serie con Lindsay Wagner. Invece il pilota di Bionic woman è proprio tosto, non eccellente né irresistibile ma con alcuni momenti davvero pazzeschi (il risveglio horror nell’ospedale, il primo "salto"). Dagli anni ’70 le cose sono molto cambiate, e la serie risente moltissimo dell’influenza di Alias, ma per quanto ci rendiamo conto che l’infatuazione durerà poco per ora siamo innamorati pazzi di Michelle Ryan, eroina paffuta che scopre di essere davvero cazzuta oltre che decisamente caruccia. Un colpaccio mettere Miguel Ferrer (ricordate Robocop?) a fare il villain.


Californication, Showtime
Brevemente: uno scrittore alcolista e donnaiolo cerca di superare la sua crisi creativa e di riconquistare la sua famiglia.

Il ritorno di David Duchovny come protagonista di una serie è stato il fatto più chiacchierato dell’inizio di stagione, e la serie stessa è divenuta una delle più amate e discusse sui blog (chiamati peraltro in causa furbescamente dalla trama stessa). Ma al di là delle polemiche dei conservatori o delle resistenze di molti di fronte a una serie che a primo acchito sembra costruita sulla mera provocazione, la verità è che Californication ha una sceneggiatura che la maggior parte delle serie contemporanee si sognano, forse addirittura la migliore, oltre che un cast di primo e di secondo piano – sia come attori che come caratteri – assolutamente perfetto.


Chuck, NBC
Brevemente: un placido nerd si ritrova nel cervello tutti i segreti delle più grandi spie del mondo.

Partita senza troppi squilli di tromba, la serie spy-action-comedy creata dal Josh Schwartz di The O.C. è probabilmente la cosa di cui più si parlerà nei prossimi tempi, e forse (ma dico forse) la migliore novità della stagione. Non solo perché il pilota è uno dei più belli degli ultimi anni, e il secondo episodio tiene botta in modo eccellente, ma perché Chuck è uno di quei rari casi in cui si riesce a creare nel giro di mezz’ora un’affezione totale ai suoi personaggi, aiutata da un uso massiccio del web marketing. Chuck Bartowski comunque è l’amico che tutti vorremmo avere, Captain Awesome segue a ruota. Awesome!


Journeyman, NBC
Brevemente: un reporter scopre di poter viaggiare nel passato modificando il presente.

A dire il vero, dal pilota non si capisce bene di cosa si tratti, l’impressione è che ci vorrà un bel po’ prima di avere delle risposte, e non invoglia troppo a continuare . Anche perchè gli artifici narrativi con cui è raccontato il viaggio nel tempo sono di una bruttezza incredibile, e Kevin McKidd ha una delle facce più improbabili che si siano mai viste, sembra Daniel Craig più sgonfio ed è davvero fuori ruolo. Ma gli ultimi minuti del pilota, che aprono ampi varchi verso l’amato mondo della conspiracy theory, mi hanno convinto a dargli una seconda occasione: vedremo quanto durerà.


Moonlight, CBS
Brevemente: c’è un vampiro con la voce off.

Che non si dica che mi piace tutto e che guardo tutto, ecco a voi la serie da evitare a tutti i costi: sorta di rip-off di Angel, è uno scrauso tentativo di rinverdire il fascino dei vampiri dopo la fine di Buffy, ma senza metterci un’idea che sia una, una trovatina, un guizzetto, niente. Ed è pure girato da cani. E inizia con un’intervista, gosh. Orrido il cast, persino Sophia Myles che pure avevamo adorato nel miglior episodio di Doctor Who di sempre (questo), traditrice. Pietoso il tentativo di migliorare le cose con il personaggio cinico del vampiro paranoico. Guarda, lasciate proprio perdere che è meglio.


Reaper, The CW
Brevemente: un ventunenne di Seattle scopre che i suoi genitori hanno venduto la sua anima al diavolo, e diventa suo schiavo.

Ed ecco la sorpresa della stagione: meno discussa di altre serie, almeno qui dalle nostre parti, ma con un pilota davvero incredibile diretto niente meno che da Kevin Smith, che dà molto del suo tocco post-nerd metropolitano alle vicende dei tre clerks alle prese con le forze del male. Con personaggi irresistibili (Tyler Labine nel ruolo del migliore amico, Ray Wise che fa il diavolo, signori, Ray Wise!) e idee geniali (quella dell’artefatto per catturare i demoni che cambia ogni puntata è da manuale), Reaper si prospetta come la serie più divertente dell’anno. Almeno, io ho riso come un cretino per quaranta minuti, e spesso senza sapere perché.

 Altre notazioni sparse su roba che c’era già

- prima di tutto, devo fare ammenda per non aver speso almeno un’ora alla settimana per dire a tutto il mondo che le nuove stagioni di Doctor Who sono, con poche eccezioni, la cosa più bella e appassionante che ci sia in televisione, e punto. Per adesso ho visto la prima stagione (con Christopher Eccleston) e la seconda (con David Tennant) e progetto di vedere la terza (che pare essere un po’ in calo, temo) entro l’inizio dell’anno, quando inizierà la quarta. Time flies, mate. Non ne ho mai parlato qui, e me ne rammarico: beh, l’ho fatto ora.

- dopo il lungometraggio pare che qualcosa sia cambiato, o forse solo dentro di me, perché nel giro di due episodi il gap tra Family Guy e The Simpsons sembra restingersi. Va bene, i quaranta minuti di season premiere dei primi, con la replica di Star Wars, non li batte nessuno e confermano l’assoluto genio di Seth MacFarlane e soci, ma – per esempio – il secondo episodio viene battuto in volata dai primi due del cartoon di Groening. Se proprio deve essere una guèra, puntiamo su Peter Griffin come vincitore dieci a uno, ma non si può dire che Homer non combatta che è un piacere.

- è ricominciato Heroes, e non stavamo più nella pelle. Devo dire però che i primi due episodi, seppure i personaggi nuovi non siano affatto male, non sono all’altezza delle enormi, gigantesche aspettative. Ovviamente, avendo visto come si è evoluta la prima stagione, con alcuni dei migliori pezzi di televisione di sempre (Company man da solo vale intere stagioni di *inserisci qui la serie che piace a te*), aspettiamo tempi migliori. E sappiamo di certo che arriveranno. Hiro, pensaci tu.

- dopo una prima stagione bellissima e una seconda ancora migliore, il terzo anno di Prison Break è praticamente uno spin-off di se stesso. La classe c’è ancora, eccome, e la serie è sempre più rude, violenta e "maschia" (ma a chi vogliamo darla a bere?). Chi ha visto il finale della seconda sa di cosa parlo. Ma è tutto finito lì: quello che rimane è una roba certamente divertente ma visibilmente posticcia. Almeno, per ora. Io comunque continuo a seguirlo, perché sono pazzo come un cavallo.

- dopo la discesa all’inferno della seconda, la terza stagione di Weeds cerca di rimettere un po’ le cose a posto, ma conoscendo Jenji Kohan e soci ne dubito. Sempre irresistibile, ovviamente. E sbrigatevi che è quasi finita.

- di Dexter devo ancora finire la prima stagione, e mi scuso per essere arrivato per ultimo, stavolta: la sto centellinando lentamente, perché è talmente bella che ho bisogno di qualche giorno di relax dopo ogni episodio. No, davvero. Sappiate solo che è iniziata la seconda, ecco.

- è iniziata anche la terza stagione di My name is Earl, ma dopo il traumatico finale della seconda ho una tremenda paura, sia per Earl che per il futuro della serie, già calata di molto nelle mie preferenze dal folle amore della prima stagione. Speriamo in bene.

Roba di cui sentirete parlare nel prossimo episodio, se ci sarà:

Cavemen, Aliens in America, Mad Men, Dirty Sexy Money, Tell me you love me.
(e se vuoi inserisci nei commenti quello che vorresti di cui io parlassi)

Alla prossima (pheeu)

[el pube è un pilota/ambrogio edition]

come da tradizione, qualche notazione logorroica e grafomane sulle vostre serie televisive anglofone preferite, in diretta dalla città dove il carnevale dura di più perché sono tutti matti.

Supernatural
The WB/ The CW

Dopo la massiccia promozione mediatica di autorità-del-settore come Violetta e La Ningia, era impossibile non affacciare la mia testolina affamata di serialità sul magico mondo dei fratelli Winchester. E ora non posso più farne a meno: al punto di riuscire a vedere tre o quattro episodi di fila, accompagnati se possibile da collettive urla di giubilo, senza una punta di dubbio che sia tempo sprecato. Supernatural è una serie che ha potenzialmente tutto quello che potrebbe infastidirmi, ma come con le ciliege o i chupitos, un episodio tira l’altro. E crea una dipendenza di gruppo che ha pochi precedenti e che si espande ben al di fuori del campo temporale della visione stessa.

Torchwood
BBC Three

Di questa serie tv inglese, di cui è da poco finita la prima stagione, ho visto per ora solo il pilota. Ma c’è tutto il materiale per una futura e sonorissima dipendenza: marchingegni alieni, pterodattili, fotografia di grana grossa, quel tocco di slash che non guasta mai, un’eroina adorabilmente imperfetta, il bellissimo accento di Cardiff. Uno spin-off di Doctor Who che sembra un incrocio di Men in Black, Buffy e una versione parodico/goliardica di entrambi. Roba da perderci la testa. E noi sulla RAI abbiamo Elisa di Rivombrosa. Per dire.

The Dresden Files
Sci Fi Channel

La nuovissima serie creata da Jim Butcher a partire dalla sua stravenduta saga letteraria sembra confermare fin dal pilota i miei dubbi su Sci Fi Channel, forse troppo impegnato a godersi gli allori di Galactica. Non che The Dresden Files sia girato o prodotto male, il problema è che di Harry Dresden e dei suoi problemi non ce ne frega niente, la mastodontica fronte di Paul Blackthorne non è d’aiuto, ci siamo stufati delle solite poliziotte legnose e semi-frigide, e al di là dei pallidi tentativi di humor non c’è un briciolo di irona. Il personaggio di Bob, lo spirito-teschio interpretato da Terrence Mann, potenzialmente ottimo (anche solo per l’impressionante somiglianza con Tim Curry), è un contentino risibile. O forse è l’assenza totale, per una volta, di possibili sottotesti gay? Dite che ho dei problemi? Ognuno si diverte come può.

Primeval
ITV1

Il mio primo approccio – credo – con le reti commerciali britanniche ITV va a segno al primo colpo. La prima stagione di Primeval è iniziata da tre settimane e ne durerà altrettante, ma con alti costi di produzione: infatti gli effetti speciali sono più che buoni, soprattutto rispetto alla media televisiva inglese e europea. Ma non è questo il vero punto di forza della serie: sarà il fascino del viaggio nel tempo, sarà il portale stargheittiano in mezzo alla foresta, sarà il nerd con le spillette, sarà il dinosauro che distrugge uno stereo perché infastidito dai Kaiser Chiefs, sarà che Stephen Hart è il maschietto più figo del pianeta, ma il pilota mi ha fatto venire voglia di averne ancora, e ancora, e ancora. Dando a Torchwood quel che è di Torchwood (Primeval infatti gli rubacchia davvero una montagna di idee), una serie da non lasciarsi scappare. E noi su Mediaset abbiamo i RIS. Per dire.

[roba di cui si è già parlato]

Family guy aka I Griffin conferma, perdonabili cali di pressione a parte, il trend positivo delle ultime due stagioni. Episodi incredibili come "Road to Rupert" e autentiche perle come Brokeback Mountain dal punto di vista dei cavalli non hanno prezzo.

Heroes è ormai la nostra droga settimanale. Il martedì sera non si fa niente prima di aver visto Heroes. E se l’episodio 15 è stato forse l’unico davvero moscio dai tempi del pilota, la ripresa del 16mo è stata davvero impressionante, per non dire traumatica. Yatta! a tutti.

Stasera sulla CBS ricomincia Jericho, dopo una pausa durata quasi tre mesi. Tipo, io non mi ricordo quasi niente. Solo che cominciava a piacermi davvero. Robert Hawkins, aiutaci tu.

A proposito di attesissime riprese, avvertiamo lor signori che la scorsa settimana è ricominciato sulla BBC Life on Mars, l’oggetto seriale più bello apparsa sulle tv europee negli ultimi anni. E ricomincia col botto. Tra l’altro, questa seconda stagione sarà anche l’ultima. Devo aggiungere qualcosa?

Siamo sinceri: la terza stagione del serial più noto e seguito (e amato, e chiacchierato, e criticato) del globo, a parte l’incipit spumeggiante del primo episodio, non era poi questo granché. Almeno, rispetto alla spettacolare seconda stagione. Ma "Flashes before your eyes" è uno degli episodi più belli di sempre. Ripeto: di sempre. Desmond Hume è il nostro eroe: quasi quasi ci mettiamo a piangere. Bentornato, Lost.

Su My name is Earl il discorso è sempre quello: la prima stagione era più bella, ma bastano momenti come un flashback dell’episodio 2×14 a farci pensare che forse non possiamo farne a meno.

Chi pensa che la seconda stagione di Prison Break sia in calo rispetto alla prima, probabilmente non la sta guardando affatto: poche volte si era vista in tv una tale violenta discesa all’inferno, illuminata di continuo da tocchi di speranza puntualmente negati dal sadismo di Paul Scheuring. Non credo che il gioco abbia ancora il fiato lunghissimo, e ci attendiamo qualche vero sacrificio in nome della verità: ma per ora la scimmia non è ancora scesa dalla schiena, e non intende scendervi.

La NBC ha invece trasmesso due giorni fa quello che potrebbe tranquillamente essere l’ultimo episodio di Studio 60 on the Sunset Strip: la creatura di Aaron Sorkin, a causa degli ascolti disastrosi e dell’odio collettivo degli americani nei confronti di Sarah Paulson (e delle tematiche religiose, sospetto), sarà sostituita da lunedì prossimo da una serie che non voglio nemmeno nominare scritta da Prezzemolo Haggis. Alla fine della quale? Chissà. Ma non possiamo certo pretendere granché da un pubblico che scarta l’arguzia e la supponenza di Mr Sorkin perché si sente preso in giro. Certo che vi prende in giro, e ha pure ragione. Va detto: da noi andrebbe probabilmente peggio.

Non mi arrendo all’idea che una serie basata su meccanismi abusati e con tanto di risate registrate possa farmi così ridere. Ma è così. E ultimamente ho scoperto che non è un problema solo mio, il che mi consola. Comunque, la recente opposizione Lizzy Caplan versus Jaime King è un’autentica rivelazione. Credo che nel nostro paese The Class farà furore.

Cercavate gli altri post simili? Uno, Due e Tre.

E prometto che se mi trovate un lavoro la smetto.

[el pube è un pilota / coffee break]

Knights of prosperity
ABC

Giunto alla nostra attenzione per puro caso e senza nemmeno un briciolo di hype da oltreoceano (ma è ancora cosa nuova, e da queste parti i nomi coinvolti possono dire poco), la minuscola serie comedy prodotta dal team del David Letterman Show è invece una piacevole sorpresa. Un gruppo di irresistibili bifolchi che cerca di derubare l’appartamento newyorkese di Mick Jagger, ovviamente con risultati disastrosi quando non misteriosamente fortunati, inframmezzati da Jagger stesso che mostra il lusso del suo loft (e il suo irreprensibile schiavo asiatico) con notevole autoironia. Cheap and chic: uno spassone.

Dirt
FX

Dopo l’exploit miracoloso di Matthew Perry, attendevamo il ritorno di Courtney Cox. Tutti ne parlano: qui dicono le parolacce e scopano, che bello. E invece no. No no. Per farvi capire: un palo della luce con un vestito da sera (leggi: Courtney Cox) esce dal locale cool dove si sta festeggiando la premiere di un film molto brutto. Fuori dal suddetto locale c’è un giovane virgulto che legge un libro molto grosso. Lei: "nessuno a Hollywood legge libri". Lui: "mi inquieterebbe essere definito qualcuno a Hollywood". E poi, lui spara la perla delle perle: "incredibile, tutto questo libro solo perché ha mangiato un biscotto". Lei, non contenta della di lui vaccata: "non è un biscotto, è una maddalena". Segue dialogo sulle rispettive macchine sportive e canonica scena di sesso. Per quanto mi riguarda Dirt era già finito alla parola "biscotto".

e inoltre

Colgo l’occasione per segnalare che questa sera (questa notte) ricominciano dopo lo iato natalizio le due migliori serie tv di questa stagione. La prima è Studio 60 on the Sunset Strip, il capolavoro di Aaron Sorkin scandalosamente dimenticato dai Golden Globes, giunto (per miracolo, visti i pessimi ascolti) al dodicesimo episodio. La seconda è la vera sorpresa di questa annata televisiva, ovvero la declinazione definitiva del racconto superomistico, ovvero la serie con il maggior tasso di additività dai tempi della botola, ovvero la serie con Hiro Nakamura, ovvero la nuova pazzesca creatura di Tim Kring: Heroes, ladies and gentlemen. Avete ancora tempo per mettervi a pari.


Cercavate gli altri post simili? Uno e Due.

[el pube è un pilota / 2]

Prima o poi va fatto: visto che è un argomento molto in voga, che è terribilmente interessante, che ho visto ancora un po’ di pilot (e non solo) di nuove serie tv americane, e che ho alcune notazioni da aggiungere su serie di cui si è già parlato e riparlato, continuo quanto ho iniziato in questo post.

30 Rock
NBC

Scritta e interpretata da Tina Fey, irresistibile comedian del Saturday Night Live e responsabile della bella sceneggiatura di Mean Girls, la serie viene presentata da qualche parte come una versione "più corta e forse più divertente" di Studio 60. Anche 30 Rock è infatti ambientata nel backstage di un programma televisivo, e non è la sola cosa che le accomuna. Va da sè che non c’è assolutamente confronto con il capolavoro di Aaron Sorkin. Ma insomma, c’è Tina Fey, Alec Baldwin è mostruosamente bravo, e alcune battute e situazioni fanno davvero centro, come il flashback griffiniano in cui Tracy Morgan agita una spada laser per strada in mutande urlando "I’m a Jedi". Rischia pure di annoiare in fretta, ma per ora si fa vedere con simpatia. E poi, più breve è davvero, quindi ben venga.

Dexter
Showtime

Dopo Weeds, Showtime si conferma come uno dei canali dai contenuti seriali più originali e "forti". Micheal C. Hall, orfano di Six feet under, interpreta un sessuofobo patologo legale che, segnato da un’innata e ineliminabile tendenza ad uccidere e dal desiderio di renderla "costruttiva", di notte diventa uno spietato serial-killer "di gente cattiva". Ironico, ben girato, ben interpretato, intelligente, gustoso. Solo 10 episodi da un’ora scarsa: via, e chi se li perde?

Smith
CBS

Ho visto il pilota di Smith e ho detto: wow, c’è Ray Liotta! Virgina Madsen! Sickboy di Trainspotting! Wow, che ricca ricchissima confezione, chissà quanti soldi hanno speso! Wow, ci sono le rapine e le esplosioni! Wow, c’è Hide and seek degli Imogen Heap! No, la fava, non c’è nulla che mi abbia invogliato a vedere il secondo episodio. Ray Liotta lo prenderei a schiaffi ogni volta che ride o che apre bocca, ma non è solo quello il problema. Comunque sia, a confermare la mia impressione negativa, la serie è stata cancellata dopo tre episodi. E sai che dolore.

The Nine
ABC

Si potrebbe pensare: sarebbero capaci tutti a fare buoni ascolti con un traino come Lost (che va in onda prima di The Nine), che bisogno c’è di fare anche un buon prodotto? E invece gli autori di The Nine hanno avuto l’unica vera "Idea con la I maiuscola" (per ora) della stagione: una rapina in banca ha "qualche" complicazione, e diventa un lunghissimo sequestro. I nove del titolo, prima sconosciuti, sono ora fortemente legati da quello che è accaduto in quelle 52 ore. Ma noi non sapremo per un bel po’ quello che è successo in quella banca. Ci vuole poco a creare un’ossessione, però cavoli, complimenti.

Ugly Betty
ABC

Uno dei più grossi successi di questa stagione è il remake di una (giuro) telenovela colombiana, trapiantata negli states grazie alle manine solerti di (giuro) Salma Hayek. Detta così, lo so, non è molto attraente: e invece Ugly Betty è coloratissimo, piacevole, divertente, America Ferrera è adorabile, e premettendo che la programmazione della ABC offre di meglio, Ugly Betty merita tutto il suo successo e anche parte del nostro tempo libero. L’unico vero suo limite è la somiglianza della premessa di base (ma anche di parte dello svolgimento) con Il diavolo veste Prada. Ma stai a guardare il capello.

[inoltre]

Dopo un secondo episodio incredibile e la bella conferma del terzo, mi rimangio qualsiasi dubbio possa aver sollevato sulla visione di Heroes. Bello bello. Six degrees si mantiene su un livello quantomeno dignitoso. Con Jericho sono stato invece un po’ troppo cattivo: adesso che c’è qualcosa da scoprire (il segreto che cela l’inquietante Robert Hawkins) e che probabilmente in ballo c’è ben altro che una "semplice" guerra atomica, il tutto si fa più interessante. Yuk Yuk. Continuo a vedere The class perché sono innamorato di Lizzy Caplan, ma in realtà mi sto affezionando a tutti. Nah? Infine, a costo di ripetermi: Studio 60 on the Sunset Strip non è semplicemente bello. E’ più bello. Potrei stare ore a fare l’apologia di ogni singolo personaggio (e di ogni interprete) di questa serie. Se non ve lo siete già procurato, siete dei pazzi. Pazzi. Pazzi.

[altre ed eventuali]

- Weeds comincia stanotte su Raidue. Avete capito bene, Raidue. Avete capito bene, stanotte. A Mezzanotte e Quaranta. Lo so che è un orario infame e bastardo, ma esiste una cosa chiamata videoregistratore. Il mio consiglio rimane comunque di recuperarlo in lingua originale: nella traduzione non potrà che perdere, e tanto. Nel frattempo, la seconda stagione di Weeds riconferma la meraviglia della precedente, beccando l’unico passo falso (l’ottavo) ma anche uno degli episodi più belli (il nono).

- vedere in parallelo i nuovi episodi dei Simpsons e quelli dei Griffin (Family Guy) fa venire quasi malinconia: il ritmo e il genio del cartoon di Seth MacFarlane è ormai assolutamente irraggiungibile, e Matt Groening – a parte l’ormai storica apparizione degli White Stripes – non può nemmeno lucidargli le scarpe. Vedere per credere.

- la seconda stagione di My Name Is Earl poteva sembrare debole rispetto alla prima, ma il quarto episodio mi ha fatto cambiare completamente idea. Stupendo. Randy for president. Time After Time.

[marchette]

Già che ci sono, segnalo tre blog di notevole interesse.

- l’amichetto CineEdo, dopo mesi di insistenze, ha finalmente aperto un blog. Non un cineblog, bensì un blog di cucina, tra sushi e grolle dell’amicizia. E lui ne sa qualcosa, ve lo assicuro. Si chiama Eat it. Buon appetito.

- visto il successo ottenuto immediatamente, il divertentissimo blog di "calembour cinefili" dell’amichetto Maxime non avrebbe nemmeno bisogno della mia segnalazione, ma lo faccio lo stesso: Qualcuno volò sul nido del culo.

- una blog-community sul cinema? Ancora non ho bene capito cosa sia, ma senza dubbio è attraente: Cinemozioni.

[el pube è un pilota]

Visto che negli ultimi giorni ho messo un po’ da parte la "cinefilia standard" e non ho fatto altro che vedere pilot, vi porgo gentilmente qualche piccola anticipazione, per una volta "postgiudiziale", su alcune serie che sono cominciate da poco negli USA. Questa non è, e non vuole essere assolutamente, una guida esaustiva alla nuova stagione televisiva americana, perché mancano davvero molte cose (alcune delle quali ho evitato, mentre altre devono ancora iniziare), ma spero di recare comunque un discreto servizio a lor signori. Orsù, si va a cominciare.

Eureka
Sci-Fi Channel

Un poliziotto di città finisce per sbaglio insieme a quella ribelle di sua figlia in una piccola cittadina di provincia. Che in realtà è una copertura per "Eureka", centro tecnologico voluto da Einstein nel secondo dopoguerra per isolare le più grandi menti della nazione e far progredire la scienza: la cittadina è quindi abitata solo da cervelloni. La forza di Eureka, che conquista subito per la freschezza e la piacevolezza di scrittura e messa in scena, non sta nei rimandi televisivi, cinematografici e tecnologici, né nella ricchezza scenografica (che per la verità a volte sacrifica la resa artistica). La verità è che Eureka, nonostante i soliti intrighi e le verità da scoprire episodio dopo episodio, non si prende mai troppo sul serio. E a volte fa sganasciare dalle risate. Tutto merito di Colin Ferguson, verrebbe da dire, e non a torto: e chi l’avrebbe detto, con quella faccia.

Heroes
NBC

Prendete un X-man di Bryan Singer a caso. Che so, la Rogue di Anna Paquin. Prendete il Clark di Smallville. Prendete, che so, il Bruce Willis di Unbreakable, o il Peter Parker di Sam Raimi. Ecco, Heroes non racconta nulla di nuovo rispetto alle tendenze più radicate nel recente cinema superomistico americano. Anzi, ci si infila alla perfezione, non senza malizia, e furbizia. Eppure la nuova serie del Tim Kring di Crossing Jordan potrebbe diventare una delle più disperatamente "additive" della nuova stagione: perché il pilota avrà pure dei momenti di calo, qualche piccola banalità, i soliti incroci del caso (anche qui a New York come in Six Degrees) l’insopportabile Sendhil Ramamurthy, ma ha anche e soprattutto momenti di grande tensione ed emozione, e i personaggi ti si infilano subito in testa. Sì, credo proprio che lo seguirò. Da segnalare la sequenza in cui la bellissima diciassettenne Hayden Panettiere (ehi, siamo italoamericane, baby?) sperimenta la scoperta dei suoi poteri, e noi con lei attraverso l’occhio fenomenico di una videocamera. Uau.

Jericho
CBS

Bombe atomiche scoppiano sulle città americane: la cittadina di Jericho affronta l’emergenza nell’isolamento più totale: gli ultimi uomini sulla Terra? Ma diamine: sulla carta, Jericho poteva essere la vera bomba televisiva della stagione: e invece a quanto pare non è così. Intendiamoci: lo spettacolo non manca, il pilota si fa guardare senza annoiare troppo, c’è pure Gerald McRaney. Ma qui siamo ancora fermi a The day after, le paure della gente (di provincia e non solo) sono sempre quelle, e quando pensi che ci sarà un assalto al drugstore e al benzinaio seguiti da un bel po’ di retorica communityaria, oh toh, c’è proprio ma proprio tutto questo. Gli si dà un’altra possibità, forse due, poi però basta eh.

Men in trees
ABC

Una relationship coach scopre i tradimenti del futuro marito e si ritrova in Alaska (Northern Exposure? Nah.) dove ci sono solo praticamente uomini, e non propriamente il tipo di uomini che lei conosce e su cui ha costruito la sua carriera. Forse non sapeva proprio niente degli uomini: è il caso di imparare. E forse se avessi saputo prima la trama non era il caso di provare, ma ormai. No, Men in trees non fa per me, le sexandthecitiche questioni legate all’autoanalisi femminile non riescono a conquistarmi: mi rendo conto che forse non faccio parte del target di questa serie, boh, sarà che ho il pene, ma come posso perdonare uno dei momenti cinetelevisivi più ruffiani (un abito da sposa gettato da un burrone) che io ricordi di aver mai visto nella mia vita e in tutte le mie vite precedenti? Però vi avverto: Anne Heche è bravissima anche da etero, lo script è davvero professionale, e la colonna sonora (c’è anche Gone Daddy Gone) è ottima e anch’essa ruffianissima. Via, sono sicuro che a qualcuno di voi basterà.

Six degrees
ABC

Sapete cosa sono i sei gradi di separazione, vero? Se avete visto il delizioso film di Fred Schepisi lo sapete, sennò informatevi. Comunque, visto che le parole caso e destino sembrano essersi stampate irreparabilmente nelle capocce di tutti gli sceneggiatori americani, sapete già che anche qui ci saranno persone e vite che si incontrano e si scontrano. Che novità. E a New York, pensa te. Una serie incredibilmente modaiola (c’è il macguffin della scatoletta di legno, l’internet dating, la guerra in Iraq), ma che azzecca in pieno e in modo assolutamente perfetto due o tre situazioni e personaggi (il fotografo di Campbell Scott e quella bonazza di Erika Christiensen hanno un potenziale enorme), e che, ho paura, mi costringerà a starle dietro fino a che morte non ci separi. Se lo abbandonassi e diventasse davvero figo come-vorrebbe-essere non me lo perdonerei mai. Ah, non fatevi ingannare: J.J. Abrams è solo produttore esecutivo.

Standoff
Fox

Una coppia di negoziatori di ostaggi, che – ahiloro, non si fa – vanno pure a letto insieme. Un ostaggio per ogni puntata (uff), in un miscuglio di thriller e commedia sentimentale: se dovessi fare un paragone con quello che si è visto l’anno passato, penserei a Numb3rs. E infatti – come con Numb3rs – ho già deciso di mollare Standoff abbastanza in fretta. Sinceramente: al di là della bravura dei due protagonisti e della buona realizzazione tecnica, non è niente di che, non è niente di nuovo, non è niente di particolarmente interessante. Varrebbe la pena solo per vedere e rivedere Rosemarie DeWitt, che ho già personalmente eletto "moglie ideale in un serial 2006/2007", ma non credo che basti. Via, non ho tutto questo tempo.

Studio 60 on the Sunset Strip
NBC

Il regista di uno show televisivo (che sembra Saturday Night Live) dà in escandescenze in diretta mettendosi contro la degenerazione della televisione americana: ai vertici dell’emittente, una cinica vp decide di approffitarne, a suo modo. Ed eccola qui, la vera bomba della nuova stagione tv americana: la crew di West Wing (adorato da tutti, purtroppo da me sconosciuto) porta in tv un prodotto di gran classe, cupo, disilluso, ironico, con un cast eccezionale (bentornato, Mattew Perry), dialoghi fenomenali, e una regia impeccabile. Non c’è molto da dire: se è tutta come il pilota, questo è proprio amore.

The class
CBS

Generalmente mi tengo a distanza dalle multiple-camera sitcom, tanto più se con le risate preregistrate: ne vediamo già tante, tantissime, troppe, qui da noi. Ma diavolo, sono pur sempre orfano di Friends, e ho bisogno di un paliativo. The class è stato creato dallo stesso autore, David Crane, proprio per questo motivo, e ci prova con tutte le forze. Va detto che non ci riesce del tutto, forse perché i personaggi sono poco più che macchiette. Però va detto anche che io ho visto i primi due episodi sghignazzando come un deficiente a bocca spalancata, e che non vedo l’ora di avere il terzo tra le mani per farmi altre quattro sghignazzate. E poi è breve, si può fare. Per Lizzy Caplan (segnatevela: bellissima e bravissima) si può fare questo ed altro.

Vanished
Fox

La moglie di un senatore scompare nel nulla: indaga l’agente speciale Graham Kelton, e ci metterà pure un botto di tempo. Minimo, una stagione. Anche perché la tizia in questione non era quello che diceva di essere. Credo. Mh. Dopo aver visto il pilota, mi ero convinto di aver trovato il nuovo Prison Break: una bella dose settimanale di conspiracy theory non fa mai male, e la mano fermissima di Mimi Leder rendeva il tutto ancora più eccitante. Dopo il secondo episodio invece mi ero già completamente disinteressato alla faccenda. E non è un complimento. Però, grazie alla collaudatissima formula "interrompiamo ogni cazzo di puntata con un cazzo di colpo di scena", probabilmente lo seguirò. Perché la curiosità è femmina, e io sono femmina dentro. Ma potrei anche leggermi le trame, che è uguale. Il problema in realtà è uno, ma grosso come una dannata Australia: Gale Harold, con quella faccia, non si può guardare. Non si può proprio guardare.

[controcampi]

ScrubsSeason 5

NBC, Wikipedia, Zach Braff Blog, The Blanks website

[controcampi]

We all use math every day…

Everything is numbers.

Numb3rs, CBS.
Official site, Wikipedia, IMDB.

[controcampi]

Ogni profeta nella propria casa.

Carnivàle, HBO
Sito ufficiale. Wikipedia. IMDB.

[controcampi]


Life on mars, BBC One

Sito ufficiale. Wikipedia.

[controcampi]

Karma. You got to love it.

Sito ufficiale, Wiki.
Caldamente consigliato.

[controcampi]

E adesso come faccio a smettere?