Paris, je t’aime
di Registi Vari, 2006
Paris, je t’aime è il film collettivo che ha aperto Un certain regard a Cannes 2006, ed è composto da 18 corti di circa 5 minuti ispirati ad altrettanti arrondissements parigini (due di essi, peraltro potenzialmente interessanti, ne sono rimasti fuori). Una volta dichiarato che il film è un’esperienza abbastanza positiva, se non altro per la brevità e per la varietà – ma nemmeno sempre – delle sue parti, e che si può dire poco altro, vista la sottilissima e pretestuale congiunzione tra esse (sono tutte storie d’amore? Quindi?), la pericolosa tentazione è quella di mettersi a scrivere qualcosa su ognuno dei 18 segmenti che lo compongono.
A quanto pare ci sono cascato come una pera.
Bruno Podalydès
L’incontro tra un uomo cinico e solo e una donna svenuta per strada. Ridotto all’osso e non proprio scoppiettante come inizio, ma Podalydès (anche attore protagonista) ha un’espressività invidiabile.
Gurinder Chadha
Inevitabile che la Chadha tirasse fuori un’altra volta "l’amore ai tempi del meltin’ pot", tanto più che di Parigi si tratta. Naif fino allo svenimento, ma piacevole. Cyril Descours mette tenerezza, Leïla Bekhti è una ragazza da sposare.
Gus Van Sant
L’incontro tra due giovani – e bellissimi – ragazzi, segnato dall’incomprensione linguistica e concluso da una corsa nelle vie di Marais. Tra i segmenti migliori, come si poteva ben prevedere. Cameo di un’enormerrima Marianne Faithfull.
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Joel and Ethan Coen
Scherzetto semi-barocco che gioca con l’ignoranza e la paranoia del turista fai-da-te. Divertente sciocchezzuola e poco più, ma ovviamente girata come dio comanda. Steve Buscemi sperduto e picchiato è sempre un bel vedere.
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Walter Salles and Daniela Thomas
L’odiosissima Catalina Sandino Moreno è una messicana divisa tra il figlio e il lavoro di babysitter. In bilico tra commozione e ricatto, ma tendente a quest’ultimo. Apprezzabile dono della sintesi, ma c’è un limite alla mia pazienza. Che palle.
Christopher Doyle
Non ci sarebbe bisogno di dirlo, è un’autentica goduria per gli occhi. Balletti colorati, vestiti e capelli al vento, focali corte, Li Xin. Assolutamente vacuo, ma io me ne sono innamorato.
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Isabel Coixet
Un onorevolissimo terzetto paneuropeo (Sergio Castellitto, Miranda Richardson, Leonor Watling) in una storia d’amore, abbandono e responsabilità che ho pure gradito ma che ho già parzialmente rimosso.
Nobuhiro Suwa
Il segmento del regista di M/Other farà felici i fan della Binoche e pochi altri, ma Willem Dafoe, Caronte per bimbi conciato come un cowboy, ripaga di quei cinque minuti di frignata.
Sylvain Chomet
Il regista di Appuntamento a Belleville ripropone anche live-action il suo stile esagitati e cartoonesco. Uno di quelli che ci mette più del suo, ma forse esagera: dopo un minuto vorresti fare un mimicidio di massa.
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Alfonso Cuarón
Doveva esserci per forza, quello che ci piazzava il piano-sequenza. Secondo me se lo sono pure litigato. Al di là di quello, non c’è molto. Giusto il meraviglioso vocione rauco di Nick Nolte, se vi basta.
Olivier Assayas
Il segmento dell’ex-marito di mia moglie è un’interessante variazione sui suoi temi abituali, sia nell’impostazione che nell’indole. Maggie Gyllenhaal è bravissima nel rischioso ruolo di quella fatta fino ai capelli e ubriaca marcia. So che molti di voi recupereranno questo film solo per quest’ultima frase.
Oliver Schmitz
Il regista sudafricano, a me pressoché sconosciuto, gira uno dei segmenti migliori, capace di sintetizzare in pochi minuti una storia che – caso unico? – avrebbe meritato un film a sè. O almeno un po’ di tempo in più. A suo modo, struggente.
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Richard LaGravenese
Buon sceneggiatore e regista inesperto, LaGravenese dirige il noiosetto segmento di Pigalle, ovviamente ambientato in un peep-show. Puttane e romanticherie: ecco a voi uno che ha preso Parigi troppo alla lettera.
Vincenzo Natali
Cosa ci faccia qui dentro, questa insulsa ridicolaggine con Padron Frodo vampirizzato da una bonazza, andrebbe chiesto a chi di dovere. Sono passati 10 anni da Cube e questo tizio ancora ci mangia. Fermatelo.
Wes Craven
Da un Craven ambientato a Père-Lachaise ti aspetti come minimo un horroretto, e invece c’è il fantasma di Oscar Wilde che salva una coppia in crisi a suon di aforismi. OMG.
Tom Tykwer
Quasi una costola di Lola corre, otto anni più tardi. Di tutta la cumpa, Tom Tykwer è quello che ha sfruttato meglio il tempo a sua disposizione, e di sicuro quello che si è sbattuto di più. Sarà pure roba vecchia, ma visto il contesto forse è il segmento più bello. E poi c’è Natalie Portman, dai.
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Gérard Depardieu e Frédéric Auburtin
Gena Rowlands interpreta e scrive un segmento che funziona solo come omaggio al settantasettenne Ben Gazzara. Che però è newyorkese. E poi biascica, non si capisce nulla di quello che dice. Sbadigli.
Alexander Payne
A chiudere la sequela è la "storia d’amore", ben scritta, tra un’americana di mezza età e la città di Parigi herself. Solitudine, malinconia, cinismo, un deciso – e non sottilissimo – sarcasmo verso i compatrioti, ma con una punta di speranza: chi odia a morte Payne avrà pane per i propri denti.
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