Private
di Saverio Costanzo, 2004
Il 2005 del cinema italiano si apre con i migliori auspici: Private, Pardo d’oro all’ultimo Festival di Locarno, è un film importante, necessario, prezioso.
Una casa divisa tra i palestinesi che ci vivono e i militari israeliani che la occupano diventa metafora dell’intero conflitto mediorientale, ma anche rappresentazione organica delle reazioni all’occupazione: la reazione violenta, la disperazione, la curiosità, la non accettazione, la voglia di fuggire, la resistenza passiva. Lo sguardo in cui Costanzo si immedesima è quello del padre, il bravissimo Mohammad Bakri, che decide di rimanere nella casa ed affrontare passivamente. Per salvaguardare la propria casa, che è la propria dignità. Perché senza un luogo dove stare, senza la propria personalità, si smette di esistere.
Si è schierati, perché non si può non esserlo, contro l’occupazione: ma lo sguardo di Costanzo è pieno di rispetto e partecipazione per tutti i suoi personaggi, anche per i gesti più estremi, portati dalla paura: i due figli, rischiando la vita di chi amano, capiscono l’inutilità e il pericolo di una reazione violenta.
Attaccato ai loro volti e ai loro gesti, Costanzo ha anche la capacità di chiamarsi fuori lasciando la realtà venir fuori da sè, scaturire miracolosamente dai dialoghi e dai momenti pieni di tensione, dai rapporti familiari e da quello strano rapporto di non-comunicazione che forse permetterà a tutti di salvare le proprie vite e, ancora, la propria dignità.
Ma oltre a una metonimia, il film (come dice il titolo stesso) parla anche di un’intrusione nel privato, e se il taglio è documentaristico e apparentemente casuale, sono sfruttati molti meccanismi del cinema di finzione. Azzeccate quindi le semplci ma efficaci musiche degli Alter Ego, e la suspense (vista la veridicità estrema della vicenda) porta un impatto emotivo fortissimo ed estremo, che scuote e commuove con irruenza, irrompe nello stomaco e nel cuore, e non può non aiutare riflettere.
Private è un film di cui si sentiva la mancanza. Ora c’è, ed è italiano.
In sala, presenti tra gli altri il regista e l’attore principale. Costanzo è un ragazzo visibilmente sensibile e arguto, ma Bakri gli ha "rubato la scena": con fascino e ironia, e poche parole, ha mostrato una condizione, una via, un modo per sopravvivere e sperare. Con intelligenza: se ci capissimo, potremmo accettarci e smettere di avere paura l’uno dell’altro.
Nota importante: la versione che ho visto è quella originale. Nella versione distribuita in Italia l’arabo è sostituito dall’italiano. Il mio consiglio è: se possibile, guardate la versione originale (ce ne sono in giro alcune copie).