[Gruppo A - Concorso cortometraggi]
[Milano Film Festival 2007]

A Nick In Time di Be Garrett (USA 2006)
Nel corto migliore del gruppo, un barbiere sventa una situazione drammatica narrando un aneddoto della sua giovinezza. In modo intelligente e garbato, Garrett riesce a raccontare in pochissimi minuti due storie di "seconde occasioni", basando tutto sul non-detto e sugli sguardi tra i protagonisti, ripresi da vicino con affetto e talento, e rilasciando tutta la tensione nel finale, rivelatore ma non troppo. Bra-vo.
Soldat (Soldier) di David Peros Bonnot (Croatia 2006)
Breve corto in stop-motion, per noi ignoranti che non sapevamo esistesse un cinema croato – e figuriamoci un cinema d’animazione croato. Favola antimilitarista con protagonista una statua-soldatino, è ingegnosa ma pesante come un macigno. Poi, probabilmente mi sono distratto io nella "chiusa", ma non ho capito molto bene dove volesse andare a parare.
The Last Call di Awad Abu Al-Kheir (Palestinian Territories 2006)
Testimonianze di palestinesi sfollati inframmezzate a casaccio da immagini degli sfollamenti stessi. L’impressione è che non si cerchi nemmeno di dare senso alle sovrapposizioni e al montaggio, e peraltro si conclude il tutto con una tirata giustificazionista che lascia senza parole. Spiace dirlo, ma anche il filopalestinese più cocciuto – quale il sottoscritto – verrebbe infastidito da questa roba. C’è modo e modo.
Ingrid di Cinthia Varela (Argentina 2007)
Un fotografo insegue la ex di un suo amico, fino a scoprire che ha un altro. Come molti test di fine corso di scuole di cinema, è basato su un’idea prettamente teorica che tralascia tutto il resto (il contenuto, per esempio, o il nostro interesse). In questo caso, il corto è tutto in soggettiva. Wow, ragazzi. Che ideona.
Induction di Nicolas Provost (Belgium 2006)
Girato con un notevole talento visivo e uno spreco di evitabili cazzabubbole artistoidi, una specie di incubo à la Lynch tutto basato (in modo riuscito, soprattutto nella traccia audio) sul senso di incombenza di un’angoscia e di un terrore che apre il corto in medias res e che non torna più. In realtà non si capisce granché di quello che accade, ma lo slancio narrativo credo si possa riassumere nella frase la signora è salita in casa con il negro. Francamente mi sono spaventato a morte, ma questo non lo rende più riuscito: io quando ci sono delle persone che parlano al contrario divento un cacasotto.
I Am Bob di Donald Rice (GB 2007)
Bob Geldof si ritrova, da solo e senza soldi né documenti, in un motel sperduto nel nord dell’Inghilterra in cui si sta svolgendo una convention di sosia. Nessuno gli crede, così si iscrive alla gara per pagarsi un taxi. Se l’idea è divertente già di per sé, il corto non è da meno, soprattutto per l’irresistibile parodia che Geldof fa di se stesso. Uno spasso.