Crimen perfecto (Crimen ferpecto)
di Álex de la Iglesia, 2004
Rafael è un uomo di successo, perché ha imparato la due semplici regole che reggono la nostra civiltà. L’immagine è tutto, perché la bruttezza è la prima fonte dell’infelicità. Prendersi sempre quello che si vuole, perché il desiderio è la seconda fonte dell’infelicità. Rafael è una specie di epitome della nostra società, la società dei centri commerciali dove lui lavora, e dove campionari di varia e squallida umanità si avvicendano tra gli scaffali fingendo, nascondendosi, rubacchiando.
Sul suo cammino di successo – che diventa anche sopravvivenza omicida – Rafael incontra Lourdes. Che è brutta e insopportabile, follemente desidera ed è fottutamente determinata. E’ insomma la forza che sovverte le regole del mondo di Rafael: per questo Crimen ferpecto è un film sottilmente – ma non troppo – anarchico. Perché è vero che gioca con meccanismi semplici e basilari, a volte barbari e inconsulti. Ma è vero anche che restituisce un’idea della modernità caotica e crudele almeno quanto la modernità merita.
Ed è innegabile che, a dispetto di una campagna pubblicitaria fuorviante, Crimen ferpecto sia uno spasso incredibile: inizio sgargiante (Rafael che limona con la figona sulle strisce pedonali), risate e cattiverie – ma nessuna inettitudine -, prefinale infuocato e finale, inevitabile, ma che si fa ugualmente apprezzare. Geniale il fantasma con l’accetta fumante nel cranio, scheggia freak che sembra venire da Azione Mutante. Altri tempi, grazie al cielo.
Inspiegabile il titolo italiano, vista la coproduzione nostrana. Che il nostro caro pubblico sia così stupido da capire una cosa spiegata esplicitamente nel film? Bah. A noi ci piace quello originale, a noi.