X-Men: L’inizio (X-Men: First Class)
di Matthew Vaughn, 2011
Il compito di Matthew Vaughn non era semplice: recuperare una saga partita benissimo e poi persasi per strada per colpa di un pessimo terzo capitolo e di uno spin-off sulle origini di Wolverine sgradito ai più, soprattutto viste le sue potenzialità; il tutto inserito peraltro in un contesto del tutto diverso dal passato: se nel 2000-2003 i film di Bryan Singer erano considerabili al di sopra della media dei prodotti simili, la qualità dei “film con i super-eroi” si è alzata notevolmente negli anni successivi; e il tutto, infine, in tempi davvero ristretti.
In questa prospettiva, Vaughn ha fatto un gran bel lavoro: abbassando la levetta dell’epos e alzando quella del pop, ha confezionato prima di tutto un film divertente, davvero ben congegnato anche se non particolarmente originale, e costruito in gran parte sull’ammiccamento nei confronti degli appassionati – sia tramite l’allusione continua al destino arcinoto dei suoi personaggi sia, più sottilmente e probabilmente con una punta di scaltrezza, indirizzandosi direttamente al fandom vero e proprio e allo sterminato mondo della rielaborazione culturale in rete. Questo è il motivo palese per cui l’incontro tra i futuri Professor X e Magneto, al centro del film (con i personaggi secondari, spesso volutamente tralasciati, a raccogliere poco più che briciole), è diventato un vero e proprio bromance, già pronto e impacchettato per diventare il fulcro di innumerevoli fan fiction.
Quindi, nonostante gran parte del cast sia all’altezza della situazione (soprattutto Kevin Bacon, Jennifer Lawrence e Nicholas Hoult: January Jones è invece con tutta probabilità la peggior attrice in circolazione, e non serve la lingua originale per accorgersene) in questo senso è la scelta di McAvoy e Fassbender la più vincente in assoluto: la tensione emotiva tra i due è palpabile, anche se è soltanto il secondo in tutto il gruppo a mostrare uno sforzo attoriale che supera i meriti del film stesso – rischiando spesso di divorarlo, fortunatamente non riuscendoci mai. Che Magneto avrebbe dato più soddisfazioni di Xavier lo si capisce fin da principio, nel montaggio parallelo che apre il film: intenso e drammatico la parte dedicata al giovane Erik (una delle migliori sequenze), svagata e un po’ stucchevole quella di Charles Xavier e del suo incontro con la mini-Raven.
Il compito, dunque, è ben svolto: Vaughn ha dimostrato, come già in Stardust, di saper mettere la sua professionalità al servizio della produzione (non è un caso che Singer sia tornato, e la sua impronta è in qualche modo evidente) e di un progetto ben più arduo di quanto sembri sulla carta. Peccato che il suo potenziale non si sia espresso al meglio come in Kick-Ass, ma in definitiva ci possiamo accontentare. Basta, e avanza: soltanto con lo shipping Erik/Charles ne avremo per mesi e mesi.