Yugoslavia

La vita è un miracolo (Zivot je cudo)

di Emir Kusturica, 2004

Nell’ultimo suo film, Kusturica se la prende comoda e fa le cose facili: in pratica, rifà se stesso all’infinito, ma conservando fortunatamente quello sguardo poetico che in lui sa da sempre dosare il dramma con la farsa, gli ottoni sfrenati con le bombe, gli eccessi nervosi del "popolo yugoslavo" con una poetica dell’assurdo che ha pochi rivali (e molti referenti). 

Insomma, anche qui c’è tutto Kusturica: animali a frotte, piccole perversioni, la No Smoking Orchestra, qualche volo onirico, e altre decine di cose. Maniera? Forse. Noia? A tratti. Ma forse solo perché Underground e Gatto nero gatto bianco sono davvero su un altro pianeta, e Zivot je cudo assomiglia loro un po’ troppo per non deludere. In senso relativo.

Ma trovargli un difetto che sia davvero assolutamente tale è difficile. Mettiamola così: è davvero troppo lungo. E forse inutilmente, se si pensa alla semplicità della trama: metà film sono elementi contenitivi e pleonastici, materia puramente antinarrativa. Ma è materia che ci piace e che ci diverte da impazzire, e quindi soprassediamo.

Come Harry divenne un albero (How Harry Became a Tree)

di Goran Paskaljevic, 2001

Una favola cinese trapiantata in Irlanda da un regista serbo. Un uomo si misura dai suoi nemici, e così il contadino vedovo Harry Maloney decide che George, uomo ricco e amato da tutti, sarà il suo.

Senz’altro quest’opera internazionale affonda le sue radici in profondità, mostrando il ritratto di un uomo che trova nell’odio la sua ragione di vita, e (con meno interesse) di suo figlio, schiacciato dall’assenza dell’amore, che è incapace ad esprimere.

Peccato che il risultato sia troppo impantanato nella sua natura allegorica e non possieda alcun ritmo, nonostante la bella fotografia di Milan Spasic, e l’interpretazione giogionesca (a voi decidere se sia un tratto positivo) di Colm Meaney. Forse troppo dramma e meno ironia del dovuto, chi lo sa. Comunque La polveriera era un’altra cosa.